PosTondelli

di Antonio Spadaro

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"Il lavoro dello scrittore è un continuo pensare in termini di scrittura e di progetti letterari. Lo stimolo che viene dall'esterno credo che per uno scrittore sia sempre riferito all'orizzonte narrativo di un probabile romanzo. Ogni giorno si pensano, si elaborano e si selezionano decine di possibilità di narrazioni. È un modo di filtrare la realtà, forse paranoico da questo punto di vista, come se tutto non arrivasse allo scrittore in quanto uomo o in quanto persona, ma a lui in quanto uomo o persona portatore di una storia. È un procedimento di andata e ritorno, quello che caratterizza lo scrivere" (P. V. Tondelli)

Quindi anni fa lo scrittore correggese Pier Vittorio Tondelli varava un progetto di scrittura creativa, chiedendo ai giovani di esprimersi in vista della pubblicazione di alcune antologie di inediti. L'operazione ha avuto un grande successo e ha prodotto tre raccolte. Metà dei ragazzi che hanno visto pubblicati i loro testi hanno poi continuato a scrivere e a pubblicare (e a volte anche con tirature ragguardevoli). Il progetto tondelliano ha stimolato la fiducia di molti ragazzi italiani nell'espressione narrativa e ha dato l'avvio alla conseguente attenzione delle case editrici nei confronti delle scritture degli esordienti, specialmente appunto se giovani.

Prima di definire chiusa o, al contrario, viva e vegeta una stagione culturale e un modello di promozione della creatività in campo letterario, riteniamo sia necessario tentare un bilancio di quella vicenda, seguendo i singoli autori che hanno pubblicato da esordienti nelle antologie del progetto tondelliano, verificando soprattutto la tenuta e l'evoluzione della loro scrittura. Ecco dunque la domanda: a distanza di quindici anni esatti dal varo del progetto "Under 25" che tipo e quanta strada hanno percorso i giovani che hanno esordito con almeno un racconto in quelle antologie? Quel progetto ha lasciato un segno nella "nuova narrativa italiana"? In che modo?

Sarebbe impresa ardua tentare un censimento di tutte le novità pubblicate in questi ultimi quindici anni, tuttavia ci si può interrogare globalmente sul fenomeno dei "giovani scrittori": si tratta di ricchezza letteraria o di inutile vanità e gioco commerciale per l'apertura di una nuova fetta di mercato? Come giudicare questo fenomeno, abbastanza arduo da definire nei suoi contorni?

Il critico oggi può sentirsi spaesato di fronte ai nuovi linguaggi e alle nuove espressioni, ma soprattutto perché il suo ruolo è ormai periferico. Oggi si constata che decine di recensioni positive di un libro non fanno vendere copie in più. Così se una volta il critico, attraverso la partecipazione all'elaborazione della politica editoriale di una casa editrice, i suoi rapporti con l'autore e l'editing, poteva arrivare a proporre un'idea di letteratura, a esercitare un'influenza intellettuale e quindi di mercato, oggi invece spesso è il consulente ad assumere ruoli direttamente più funzionali alla macchina della vendita, con precise conseguenze sulle "scoperte" e "rivelazioni" di autori nuovi: se il primo libro di un giovane funziona, gli si chiede subito il secondo a tempi brevi. La vendibilità è ricercata anche attraverso un'attenta cura degli elementi extratestuali: la sigla editoriale, la grafica, il risvoltoŠ Una volta l'autore pubblicato si inseriva in un discorso che contribuiva alla sua "fortuna". Oggi è vero il contrario: un discorso, uno stile, un genere fortunato fa emergere un autore.

Negli ultimi quindici anni abbiamo constatato con Peter Bichsel che "al mondo ci sono più zie che lettori" . Le "zie" sono coloro che propinano ai bambini libri "per bambini", pensando di fare una scelta gradita, non appagando invece i veri potenziali interessi di lettura. Così i critici rischiano di diventare "zie", presentando libri che creano mercato, che, ad esempio, "piacciono ai giovani", che sono "romanzi di culto", cioè, in qualche modo, libri da zie. Il critico allora cosa dovrebbe chiedere allo scrittore per non divenire "bieco recensore" o "zia"? Dovrebbe, innanzitutto, "discutere con lui il suo progetto di letteratura, il suo rapporto con la scrittura, la natura della sua condizione di scrittore, la sua idea di realtà" , rispettando l'individualità del suo percorso.

Di più: è necessario che indaghi a fondo l'idea di realtà che muta. È proprio l'idea di realtà che deve essere discussa oggi più che mai, quella con la quale le nuove generazioni si confrontano . Ma qui &endash; è necessario precisare &endash; occorre stare ben attenti a promuovere ottimismi facili, perché di frequente il reale cui ci si riferisce diventa un surrogato, una riproduzione che pretende di essere reale, autentica (come il "mondo dei bambini" per le zie), mentre è solo autoreferenziale. Occorre approfondire il concetto di realtà, e questo oggi deve fare i conti con un immaginario "ad hamburger" o "a zapping", dove o si impilano le esperienze o si salta da una all'altra di esse. È troppo facile chiudere il discorso conferendo all'atteggiamento l'attributo di "anticonformismo".

Occorre allora costruire "mappe", sentieri di comprensione. L'idea della mappa oggi più che mai è necessaria. Il critico infatti non può e non deve fare a meno dello sguardo globale, delle prospettive ampie, grandangolari, non può esimersi dalla necessità di guardare nell'ottica del "paesaggio", della mappa geografica. La mappa vuole essere uno "spazio critico", è qualcosa di più di un itinerario: c'è il rapporto a una totalità, a una globalità. Le mappe danno il gusto dei percorsi in biblioteca, percorsi guidati, ovviamente, e qui emerge il vero ruolo del critico , che risulta così essere non quello del giudice, ma quello della guida (Caronte o Virgilio che sia), dell'accompagnatore. Questo non significa "etichettare", ma "offrire delle "rotte", costruendo una mappa "immaginaria" per riorganizzare i tragitti" . È in fondo il mestiere della talpa.

Le pagine che seguono raccolgono sostanzialmente la riflessione condotta sulla rivista La Civiltà Cattolica tra il 1994 e il 1999 intorno a queste domande e la propongono in maniera unitaria. Non si tratta di una parola definitiva, ovviamente, ma di un "diario critico" che presenta un punto di vista preciso sulla più recente stagione della nostra narrativa. Ogni mappa non può che essere parziale. Si presenterà allora un percorso all'interno della narrativa di questi anni novanta. Il punto di riferimento e di partenza è il progetto "Under 25", varato scrittore emiliano Pier Vittorio Tondelli, il quale ha giocato, a mio parere, un ruolo centrale nella promozione della scrittura giovanile e nell'attenzione ad essa riservata dai media e dall'editoria negli anni novanta. Dopo aver seguito i percorsi successivi di tutti coloro che hanno pubblicato nel progetto tondelliano ("post Tondelli" in un senso di discendenza, causale), si propongono altre incursioni, puntando l'attenzione solo su alcuni scrittori e fenomeni significativi o per nulla significativi, ma purtroppo emergenti del nostro ultimo decennio letterario come il fenomeno-spazzatura del pulp o dei fac-simile di Tondelli ("post Tondelli" in un senso più temporale e anonimo). L'ultimo capitolo intende essere non una conclusione, ma una libera scorribanda di riflessioni su alcune questioni-chiave che emergono dal panorama presentato.

Antonio Spadaro