INSEGNARE ED APPRENDERE

NOTE DI PEDAGOGIA IGNAZIANA

di Antonio Spadaro S.I.

 

INDICE

Introduzione

1. Una pedagogia del desiderio legata all'esperienza

2. Una pedagogia personalizzata

3. Una pedagogia dell'esercizio e della riflessione

4. Una pedagogia della ripetizione: una strada all'approfondimento "affettivo"

5. Una pedagogia della domanda

6. Una pedagogia concertata

7. Una pedagogia valutativa

Conclusione


Introduzione

Le istituzioni educative-formative della Compagnia sin dalle loro origini a metà del XVI secolo sono luogo di elaborazione di una cultura umanistica e cristiana. Esse nascono da una metodologia pedagogica mirante a rispondere a queste esigenze culturali: la Ratio studiorum, condensato di trent'anni di esperienza pedagogica in tutti i paesi d'Europa. La Ratio rappresenta un contributo notevole per l'entità di un progetto culturale ed è frutto di una profonda esperienza religiosa del fondatore della Compagnia di Gesù, Sant' Ignazio di Loyola.

Egli scrisse in varie tappe un libretto che sarebbe dovuto divenire come la «guida» per coloro che avrebbero dato gli «esercizi spirituali» ad altre persone, guidandole, all'interno di un cammino preciso, nella crescita spirituale personale. Questo libretto, gli Esercizi spirituali appunto, propone realmente una pedagogia spirituale che è la radice profonda della pedagogia scolastica di stile ignaziano. Quali sono le sue caratteristiche? E' bene evidenziarne alcune e commentarle brevemente per avere una idea del modo di procedere di una istituzione scolastica che si ispira a questa tradizionei.

 

1. Una pedagogia del desiderio legata all'esperienza

La prima caratteristica che illustriamo è come la «molla» dell'apprendimento: il desiderio. Scrive S. Ignazio:

 

«Non è il molto sapere che sazia e soddisfa l'anima ma il sentire e gustare le cose interiormente».

 

Questa frase è il punto di riferimento per una pedagogia che voglia far leva sul desiderio personale di apprendere. Un allievo non impara bene e non apprende se non ciò di cui ha «sete» e dunque riesce poi a gustare interiormente perché desiderata. Per raccogliere la sete o farla venire occorre partire dal contesto concreto dello studente, dalle sue conoscenze, organizzando l'attività didattica in modo da realizzare una progressione sotenuta dalla curiosità, dalla domanda.

Occorre sottolineare l'importanza dell' esperienza personale nel processo di apprendimento. Il momento dell'esperienza è il momento dell' entrare nel mondo, nella storia, negli avvenimenti, nei fatti, gustandone la gioiosità e l'amarezza con tutti i sensi (vedere... udire... odorare...assaporare...toccare). Conoscere la vita, leggerla e capirla non è sufficiente. Ignazio pensa ad un uomo che innanzitutto reagisce affettivamente. In questo senso la materia di studio può entrare in un rapporto vitale con lo studente, nel momento in cui si mette in moto una sim-patia, una em-patia, una anti-patia nei confronti di ciò che il essa esprime e di come lo esprime.

E' importante in questo senso la spinta motivazionale, il desiderio (l'apprendimento dovrebbe essere piacevole: non c'è azione di successo senza motivazione). Il termine «esperienza» viene perciò utilizzato per descrivere ogni attività in cui, oltre all'approccio intellettuale della materia presa in considerazione, una sensazione di natura affettiva viene provata dall'alunno. Tutta la persona è coinvolta con memoria, intelletto, volontà, sentimenti, immaginazione. Solo in questo modo è possibile diventare «peritus» (ex-perior) di una materia.

All'interno della cornice dei programmi dunque occorre trovare e valorizzare le possibilità di scelta che si possono creare e mettere alla propria portata. Le lezioni così dovranno suscitare la riflessione: non inculcare verità, ma condurre lo studente a trovarla personalmente, partendo dalla propria esperienza. Questo significa proporre una riflessione o una esperienza, non «spiegare» tutto in anticipo, lasciare spazio all'inventiva.

 

2. Una pedagogia personalizzata

La pedagogia degli Esercizi spirituali di S. Ignazio si dirige ad una singola persona che si trova in un processo di crescita. Dunque il ruolo della guida è quello di centrare la «materia», il «programma» sulla persona che ha davanti a sé. Nella scuola la presente esigenza, coniugata e armonizzata con quella del ritmo collettivo delle classe, deve essere assolutamente rispettata. Questa attenzione prende il nome di «cura personalis» e implica l'instaurarsi di un rapporto docente-alunno fondato sulla cordialità, la schiettezza, l'attenzione e la fiducia reciproca. Il docente è chiamato a provare ed utilizzare vari metodi (induttivo, deduttivo,...) per cercare e trovare il modo migliore di comunicare, trasmettere dei contenuti e motivare lo studente all'apprendimento. Il lavoro in classe dunque deve essere punto di partenza per il lavoro personale, nel quale lo studente è chiamato a trovare il proprio modo di studiare.

Per la pedagogia ignaziana l'uomo (lo studente) è sempre un sistema aperto. Sistema aperto si oppone a sistema chiuso. In un sistema chiuso è possibile «programmare» in modo preciso gli interventi, sapendo quali saranno i risultati. In un sistema aperto invece i programmi e gli interventi vengono ad interagire e a essere «perturbati» da informazioni che si ricevono dall'esterno che, entro certi limiti, rendono «imprevedibili» le reazioni del sistema. Ecco cosa comporta questa scelta:

-originalità di ogni soggetto e imprevedibilità, entro certi limiti, del suo comportamento;

-affermazione che in ogni soggetto e situazione rimane un « margine » di decisione personale e quindi di libertà;

-rispetto di ogni situazione di educazione, evitando di applicare «formule prefabbricate», anche se hanno portato frutto in altri contesti;

-misurare i soggetti su risposte relative a tempi lunghi, diffidando dei risulti immediati ed efficientisti;

-vedere l'educazione come «attività a rischio», nel senso che non si può mai fare calcoli sui risultati precisi;

 

3. Una pedagogia dell'esercizio e della riflessione

L'insegnamento non si conclude in classe, ma in essa si avvia e si verifica. Il metodo «cattedratico» non corrisponde al metodo ignaziano. La lezione deve diventare momento di presentazione della materia, stimolo, chiarificazione, ma non può esaurire il lavoro personale che consiste in un esercizio di ricerca, studio, confronto personale con l'argomento svolto.

L'esercizio aiuta nella riconsiderazione attenta di una disciplina, di un'esperienza, di un'idea, di un progetto o di una reazione spontanea, allo scopo di afferrarne meglio il significato. La riflessione è il procedimento mediante il quale emerge il significato dell'esperienza umana. Questo significato emerge:

- comprendendo più chiaramente la verità che si studia.

- comprendendo qual è l'origine delle sensazioni o delle reazioni che ho provato

- approfondendo la mia comprensione di quello che implica per me e per gli altri quello che ho appreso.

- facendo nascere dei punti di vista personali sui fatti, sulle idee, sulla verità o le distorsioni della verità, etc.

- raggiungendo una certa conoscenza di ciò che sono

La prassi didattica proposta in queste righe ha le proprie basi nella realizzazione dell' "esercizio". Il termine esercizio richiama, tra l'altro, l'attività fisica, ma occorre distinguere l'esercizio fisico in "ginnastica", che richiama tecnicismo e settorialità, e "sport", che richiama espressività e contestualizzazione. La Ratio studiorum assume queste due campi associativi generando il criterio di una libertà intelligente con delle leggi ordinate in relazione al valore cui essa deve servire: il fine non è il tecnicismo, bensì il procedere sapendo ciò che si cerca e come lo si cerca. L'idea di scuola è quella di una struttura organica e differenziata, vitalizzata da un potente sentimento di armonia e di unità -non di un formicaio o di un reggimento- capace di incentivare le abilità creative. Conferma di ciò sia il fatto che molti pensatori creativi hanno scoperto di poter lavorare come pensatori produttivi in situazioni scolastiche dove gli insegnanti avevano offerto opportunità di poter lavorare a ricerche in modo indipendente e creativo.

 

4. Una pedagogia della ripetizione: una strada all'approfondimento "affettivo"

Occorre ripetere spesso e partendo da vari punti di vista la stessa materia, in modo da procedere a spirale, cioè per approfondimento continuo e non per salti. Questo implica lavori di revisione, evitando però di stancare col ripetersi in modo monotono. La ripetizione conferma lo studente in ciò che ha appreso e rende possibile una assimilazione profonda e una dimistichezza che certamente incoraggia e gratifica lo studente nell'apprendimento compiuto. La ripetizione inoltre aiuta ad approfondire affettivamente ciò che si è appreso

L'esperienza di tutti i giorni pone l'uomo di fronte a situazioni di cui non è sempre facile cogliere la ricca complessità. Tutti andiamo di fretta e non troviamo il tempo per tornare su ciò che abbiamo fatto per comprenderne i significati e le reazioni interiori. I sentimenti che agitano l'uomo non sono lineari e conseguenti, semplici ed univoci. L'uomo non riesce con facilità ad abbracciare totalmente la propria esistenza. La vita presenta continuamente mille volti cangianti, manifestando talora la gioia del vivere e la felicità della conquista, talaltra l'insoddisfazione del compito a cui si è chiamati e l'aridità dei risultati raggiunti. E' facile essere «presi» da un sentimento ma non è così facile conoscere, nominare, distinguere il sentimento stesso. Che differenza c' è tra amore e passione, tra gioia ed allegria, tra pace e serenità, tra paura ed angoscia? E' facile dire che «c'è differenza» ma solo dopo una lunga ed attenta riflessione riusciamo, se ci riusciamo, a definire concretamente questa differenza.

Occorre abilitare e liberare i ragazzi di fronte alle loro reazioni emotive-affettive nei confronti della materia di studio e dei suoi contenuti, facendo in modo che il giovane possa dire tra sè con libertà e autenticità: «mi piace», «non mi piace», «mi lascia indifferente»,É e quindi possa manifestare le proprie risonanze. L'esperienza della lettura di un libro o dello studio di un problema scientifico può contribuire in questo senso alla crescita armonica dell'alunno.

 

5. Una pedagogia della domanda

Oltre all'approvazione intellettuale della materia presa in considerazione, viene provata dall'alunno una sensazione di natura affettiva. In ogni esperienza, alcuni dati sono percepiti dall'alunno in modo cognitivo. Facendo domande, immaginando, esaminandone gli elementi e i rapporti, l'alunno organizza questi dati in un tutto o in una ipotesi: «Che cosa è questo?»; «Assomiglia a qualcosa che già conosco?»; «Come funziona?». In questo senso possiamo parlare significativamente di una «pedagogia della domanda». E' dunque conveniente dedicare sforzo e tempo a studiare e praticare un repertorio di tecniche interrogative che il professore possa usare per stimolare il pensiero creativo e la riflessione. I criteri fondamentali nel porre le domande sono: il fare le domande in modo che si stimolino tutti gli alunni e non monopolizzino la discussione solo alcuni di loro; il fare domande a cui non si possa rispondere semplicemente con un «si» o un «no»; il dare tempo agli alunni per pensare prima di rispondere; lo stimolare le interazioni alunno-alunno.

 

6. Una pedagogia concertata

Occorre favorire al massimo gli scambi tra allievi e professori per realizzare nella classe una vera vita di gruppo sempre in progresso a livello di obiettivi e di modo di realizzarli. L'educazione è un cammino educativo intenzionale e metodico. Di questo i giovani devono avere un minimo di coscienza. Non c'è educazione se non c'è accordo sui fini, sui grandi obiettivi, sulle principali strategie e scelte di metodo. Per questo appare necessaria una disponibilità alla comunicazione: c'è un contesto fiduciale, di accoglienza senza preclusioni, che porta a un «patto comunicativo»: volontà di scambio di informazioni e valori per creare un'area di «condivisione» culturale. C'è relazione educativa solo se sono presenti e attive le sue condizioni. Occorre così considerare che

- l'educatore ha ovviamente una sua identità personale e si riconosce in una «memoria culturale». Consapevole di questo, egli riconosce che il presente sollecita a riformulare il modo di vivere e che le nuove situazioni richiedono di trarre fuori dai valori culturali e religiosi inespressi.

- l' educatore sa che gli altri lo percepiscono per quello che egli è realmente come persona. Gli è chiesto di avere consapevolezza dei propri problemi senza proiettarli sugli altri e di saper riconoscere i problemi degli altri e cercare insieme, con pazienza, una soluzione. Procedendo per prove ed errori egli apprende a qualificare la sua relazione.

 

7. Una pedagogia valutativa

Non c'è progresso nell'insegnamento senza valutazione. Tutta la pedagogia deve dunque mettere in opera delle procedure di valutazione. Questa riguarda sia gli studenti sia i professori: essa sottrae dal procedere a zig-zag e aiuta ad uscire dalle illusioni. La prima espressione consiste nella auto-valutazione. Bisogna aiutare l'allievo a guardare il proprio lavoro e i propri risultati nel modo più obiettivo possibile. Ciascuno deve imparare ad autovalutarsi. Tuttavia i rischi di illusioni sono in agguato: potrebbero mancare allo studente i punti di riferimento e i parametri. Il confronto con il docente è importante per misurare il proprio livello di apprendimento e in questo senso è importante dare un voto, una valutazione precisa sul lavoro svolto. Meglio ancora se si possono indicare agli allievi i criteri di autovalutazione durante il tempo dell'acquisizione. In questa operazione occorre sostenere chi vacilla, rinfrancare chi esita, spronare chi si ferma.

 

Conclusione

I punti di pedagogia esposti sono parte di una esperienza di vita in una struttura scolastica che si riconosce in ciò che è detto nella presentazione al Progetto educativo del nostro Istituto: « La scuola, come luogo di formazione, ha significato soltanto se riesce a formare il giovane alla ricerca della verità e allo sviluppo della cultura. La verità non é quella che serve alle ideologie esplicite o implicite, non è definita da un obiettivo contingente o utilitaristico, ma è quella che si raggiunge e si verifica faticosamente attraverso un'onesta ricerca personale insieme e nel rispetto degli altri nella pari dignità tra uomo e donna, senza discriminazioni di razza, di censo, di religione e di cultura. La cultura non significa soltanto trasmissione, assimilazione e creatività; significa soprattutto misura, ponderatezza, circospezione: valutare tutti gli argomenti prima di prendere posizione, controllare tutte le testimonianze prima di decidere e non pronunciarsi e non decidere mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva».