AUTORE Antonio Spadaro parla di Raymond Carver e della sua opera

Bruciante capacità di incontrare la vita

di Ida Nucera

Ricostruire il volto dello scrittore Raymond Carver (USA 1938-1988) è ciò che Antonio Spadaro si propone attraverso una monografia in volume, la prima in Italia, che ha il dono della sintesi e dell'essenzialità. Il lavoro si compone di tre parti: la prima intreccia lo svolgersi della produzione narrativa e poetica con la «questione Carver», relativa all'autenticità di una parte dei racconti. Segue la riflessione sul senso della narrativa carveriana. Nell'ultima parte l'autore si occupa della poesia, fino a questo momento poco approfondita dalla critica rispetto alla narrativa, e che invece è di grande importanza. Infine ricordiamo che ha anche creato il primo sito italiano di documentazione sullo scrittore americano (http://www.antoniospadaro.net/carver.html).

Spadaro, gesuita, professore presso l'Università Gregoriana e critico letterario di Civiltà Cattolica, volge uno sguardo attento a colui che molti considerano il padre del «minimalismo americano», e spiega come questa etichetta sia stata poco amata dallo scrittore. Spesso Spadaro si è occupato di personaggi che hanno lasciato una traccia profonda nel panorama della letteratura moderna. Tra i suoi lavori ricordiamo Lo sguardo presente sul cinema di Kieslowski e Pier Vittorio Tondelli. Attraversare l'attesa. È in uscita presso Jaca Book un secondo volume sull'opera tondelliana. I titoli dei saggi sono rivelatori di una attenzione per il vissuto dell'artista, come nel caso di Carver, dove la drammaticità del quotidiano e la successiva apertura alla speranza segnano la sua scrittura.

P. Spadaro, lei parla di esperienza umana bruciante. Qual è, dunque, il volto di Carver: è quello di un uomo che riesce, «nonostante tutto», a conoscere la speranza, la tenerezza, l'amore che salva ?

L'espressione «bruciante» che lei ha utilizzato è quella più giusta. Carver voleva scrivere poesia che avesse «della legna/ proprio al centro, legna da ardere». L'estrema umanità che si muove tra un certo spaesamento nella vita, la paura della morte e il bisogno di essere amato, ci fa comprendere come la sua espressione letteraria sia frutto di quella necessità interiore che contraddistingue la grande ispirazione artistica. Nell'opera carveriana non troviamo trucchi, orpelli, stratagemmi per catturare il lettore. L'efficacia espressiva è garantita da una bruciante capacità di porsi in relazione alla vita, ai fatti, agli oggetti, alla realtà. È qui, nelle pieghe della vita, che Carver può invocare una salvezza, scoprire la tenerezza e rintracciare un'energica quanto sotterranea apertura al mistero, al senso di rivelazione, e alla redenzione. La risposta alla sua domanda è «sì» e questo sì è una citazione dalla poesia «Ultimo frammento».

C'è ad un certo momento della produzione carveriana la scoperta di una dimensione nuova di grande profondità. Il racconto «Cattedrale» esprime questa svolta con grande intensità. Il protagonista «è spinto a disegnare stando ad occhi chiusi, guidato dalla mano di un cieco». Cosa è avvenuto nell'universo dello scrittore che prima mancava?

Cattedrale è un racconto splendido in cui la chiave di lettura è proprio la «scoperta del mistero nella realtà del mondo», come ebbe a dire lo stesso Carver. Rivelazione, mistero, attesa: tutti termini che fanno riferimento implicito a una cecità e a una visione. Proprio l'assenza della vista diviene spiritualmente il vero dono della vista per il narratore. Un livello importante di questa «redenzione» è certamente quello legato alla possibilità di comunicare. I personaggi dei primi racconti di Carver erano caratterizzati dall'incapacità di comunicare, di interagire tra loro. Qui siamo di fronte a un miracolo della comunicazione, che rivela anche un aspetto importante della poetica carveriana, secondo la quale l'arte è un legame tra persone. Alla luce delle due mani, quella del cieco e quella del vedente che in «Cattedrale» si intrecciano nel disegnare un mondo immaginario, possiamo avere una potente immagine del rapporto tra autore e lettore nella visione carveriana.

 

Anche se Carver deve il successo alla narrativa, nasce poeta. Perché la poesia è «questione di vita o di morte»?

Per Carver la letteratura non può essere «smidollata», cioè non può rientrare nella categoria del puro passatempo, del gioco d'artificio del «puro» intreccio delle forme. Carver anzi scriveva di essere interessato alla letteratura che parla di grandi questioni, questioni di vita e di morte e la questione di come stare al mondo. Queste parole descrivono la letteratura come un cruento atto esistenziale, una «letteratura di potenza» che è potenza dell'attesa di un senso per il nostro essere vivi. Nella poesia Carver si sente più «vulnerabile», «più vicino al centro, al nucleo»: i racconti gli permettono una maggiore distanza, ma la poesia, provenendo «da qualche posto nella regione interiore più profonda», non concede questo spazio: «quando sto scrivendo poesia, ogni cosa che tocco sembra trasformarsi in poesia». Sono parole di Carver.

 

Lei aveva scritto già due ampi articoli su Carver. Cosa pensa della ricezione di Carver in Italia in questi anni?

Si parla molto di Carver, tuttavia mi pare che le letture critiche di un certo respiro siano pochissime. La Civiltà Cattolica è stata la prima rivista italiana ad occuparsi estesamente di Carver con quei due miei saggi, oltre due anni fa. Purtroppo sulla poesia carveriana raramente era stato articolato un discorso, e certo non in Italia. In realtà io credo che ci sia una vulgata carveriana che fa «moda» o tendenza, quella del Carver minimal, che rischia di essere molto riduttiva. Per il mio libro ho preferito far riferimento direttamente a materiali forse del tutto sconosciuti in Italia, come il saggio in cui W. Stull, il maggior studioso di Carver, parla del «sottotesto religioso» dell'opera carveriana o la bella tesi di Hiromi Hashimoto. Qualcuno resterà stupito, forse, nel constatare che proprio riviste cattoliche (La Civiltà Cattolica, Studi Cattolici, Vita pastorale) sono quelle che forse hanno dato maggior spazio all'opera di Carver in Italia. L'emittente cattolica Sat2000 ha prodotto uno splendido documentario di un'ora su Carver, firmato da Y. Tokuda e T. Avati, il quale ha anche scritto un'ampia appendice al mio saggio dedicata al rapporto tra Caver e il regista Robert Altman. Spero che Carver sia sempre meglio conosciuto in Italia come scrittore dalle domande radicali.