CORRIERE DELLA SERA - Giovedì 9 Maggio 2002
RELIGIONE Si apre oggi all'Università Cattolica di Milano un convegno dedicato all'annuncio del Vangelo nella Rete
Andate, moltiplicatevi e navigate su Internet
Libri, siti, dibattiti: così la Chiesa risponde all'appello del Papa sui nuovi media
Il più deciso è stato Karol Wojtyla. Nel messaggio pontificale diffuso in vista della Giornata delle comunicazioni sociali, il prossimo 12 maggio, Giovanni Paolo II ha invitato il popolo dei fedeli a varcare una volta ancora la soglia della paura e a «prendere il largo nella Rete». È arrivato il momento, e al papa non è certo sfuggito, di un decisivo faccia a faccia tra la Chiesa e Internet. In altri termini: universalità contro universalità, messaggio contro messaggio. L'azione pontificale ha infatti alle spalle un fermento di iniziative. Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni, a firma del suo presidente John Foley, ha dato alle stampe il 22 febbraio scorso due documenti sul tema: «La Chiesa e Internet» e «Etica in Internet». E ora a Milano, per iniziativa dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e della CEI, per tre giorni si discuterà della funzione evangelica della rete in un convegno. Di cosa si tratta? Di quel fenomeno che l'antropologo Paolo Apolito ha definito di «reicantamento del mondo», cioè di una risacralizzazione telematica che sconfigge non solo l'ordine secolare della società ma anche il mondo post-conciliare della chiesa, operando una radicale inversione di tendenza verso una religiosità arcaica? Lo studioso, che ha raccontato il nuovo visionarismo religioso centrato sul culto mariano in Internet e la Madonna (edito da Feltrinelli), esplorando centinaia di siti di tutto il mondo ha ipotizzato un sacro postmoderno che ha il suo punto propulsivo nella Rete, kitsch e regressivo, in conflitto con il sacro istituzionalizzato della tradizione cristiana in generale e della chiesa cattolica in particolare.
Salvo che la chiesa cattolica stessa non la pensa affatto così. Lo spiega senza mezzi termini il gesuita Antonio Spadaro redattore della Civiltà Cattolica , sulla quale sta per pubblicare un saggio dedicato a «Dio nella Rete». Dio, questa la tesi, non necessariamente è intrappolato nella Rete. Dice: «I cristiani sono stati sempre i primi utilizzatori dei media apparsi nel corso della storia, dall'invenzione della stampa a quella della radio. Anche riguardo alla Rete, la Chiesa non è rimasta a guardare passivamente lo sviluppo tecnologico, ma al contrario ha costruito al suo interno realtà luoghi e forme di relazione virtuali». Perché, conclude Spadaro, «la chiesa ha nell'annuncio di un messaggio e nelle relazioni di comunione due pilastri fondanti del suo essere».
Ma la fenomenologia del sacro in Internet, che comincia a espandersi alla metà degli anni Novanta, è complessa, confusa e contraddittoria. Da un lato c'è il supermarket religioso: se digitiamo la parola God, cioè Dio nella lingua principale del web che è l'inglese, oppure Christ oppure «spirituality» in un qualunque motore di ricerca, come ha fatto il mensile anglosassone di teologia The way , il risultato sono decine di milioni di pagine. Il self service dell'anima è imponente, basta visitare il sito «Belief», fede, per averne un'idea. Le cyber-religioni affiancano neopaganesimo, tecnopaganesimo, tecnosciamanesimo, tecnobuddhismo, culti ecologici a siti d'ispirazione cristiana, dove angeli sfavillanti e santi rilucenti propongono affettuosamente un videogame della fede.
Folclore, consumo, kitsch: non è questo il territorio cui ha pensato Wojtyla invitando a una navigazione d'alto mare nella Rete. Quale, allora, come può essere utile ai cristiani e perché? Il documento «La Chiesa e Internet» è esplicito sull'argomento: non solo i media influenzano ciò che le persone pensano della vita, ma la stessa esperienza umana sempre più spesso è anche esperienza mediatica, con cui l'attività pastorale è obbligata a fare i conti. «Fare i conti on internet - commenta padre Spadaro - significa valutare i rischi e le potenzialità della Rete. Dei rischi fa parte il sensazionalismo: le apparizioni che si moltiplicano, in cui la pura visibilità, la visionarietà sostituiscono la visione intesa nel senso profondo cristiano e dantesco come luce intellettuale che coinvolge tutto l'uomo. Ed è un rischio la spinta a una religione individualista, in cui ognuno s'inventa il suo sacro su misura e pronto per l'uso, saltando la prospettiva dell'incarnazione e della storia». O più in generale, il pericolo di un nuovo imperialismo culturale, in cui le culture deboli sono fagocitate da quelle forti.
Ma le potenzialità del globalismo virtuale non sono considerate meno importanti: «L'universalità della Chiesa e la missione dell'annuncio a tutte le genti - sottolinea Spadaro - rafforzano la percezione che la Rete possa essere un buon modello di valore ecclesiologico». Il che significa, tanto per cominciare, l'attività virtuale delle università cattoliche e pontificie con le loro biblioteche, ma anche classi virtuali di catechesi, laddove spazi sterminati separano una chiesa dall'altra e la sede della diocesi dai fedeli, incontri di gruppo, consigli parrocchiali o momenti di preghiera comune tra persone che vivono in diverse parti del pianeta o, in qualche caso, che professino confessioni o fedi differenti, insomma l'evangelizzazione telematica. Ma la sfida più importante a seguire le parole del giovane gesuita che da anni naviga fiduciosamente nel cyber-spazio, è un'altra. «La comunicazione in Rete è molto confidenziale, può essere anonima, ma anche estremamente vera, un luogo di parole vere e di dialogo autentico come deve essere un dialogo spirituale reale».
Elisabetta Rasy
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