Tondelli, un enigma ancora da indagare

di Dimitri Di Salvo

(pubblicato in Il nostro tempo, 21 gennaio 2001, 8)

Si può nascere libertini e morire santi? Nove anni dopo la morte, il 16 dicembre 1991, dello scrittore Pier Vittorio Tondelli, compaesani di Correggio, amici scrittori e critici con piglio di chirurghi non smettono di ricordarlo e di interrogarlo. Dopo una vita ricca di polemiche tra letteratura e costume, da morto Tondelli ha creato intorno a sé un giardino di incroci, incontri, coincidenze fortuite tra coloro che l'hanno conosciuto, vuoi lungo la strada, vuoi lungo la pagina. Col passare degli anni e dei clamori più effimeri, cresce l'interesse per un'eredità letteraria e intellettuale molto sfaccettata, che non si lascia facilmente definire; per questo ogni approccio che non tenga conto della varietà, del cambiamento e della diversità nella vita e dell'opera, risulta fatalmente limitato. Ciò premesso, possiamo oggi scegliere il Tondelli che preferiamo: l'uomo degli ultimi mesi divorato dall'AIDS, che riscopre per riflettere sulla morte una nuova, religiosità diversa dal cattolicesimo bigotto e provinciale che da giovane l'aveva tormentato ed emarginato; l'osservatore scanzonato e ironico del costume degli anni Ottanta, mai moralista, mai chiuso nei recinti letterari ma curiosamente onnivoro di musica moderna, moda, teatro, tradizioni locali, località esotiche; l'insegnante di scrittura, che da buon mastro artigiano insegna ai giovani i trucchi del mestiere e offre loro, con le antologie "Under 25", un campo d'addestramento e una prima vetrina; l'artista in bolletta, che scrive anche per soldi e non sempre riesce a far quadrare il mestiere con l'ideale, a trasformare la scrittura in una professione "regolare" come qualsiasi altra; il giovane in fuga dal natio borgo di provincia, alla ricerca di viaggi esperienze trasgressioni, oppure l'uomo maturo che ritorna e riscopre quanto di sé sia comunque legato alle sue origini, a quella Correggio da cui voleva scappare.

Piatto forte del 2000 è stata la presentazione dell'opera omnia pubblicata da Bompiani ("Opere", pp.1224, £. 30.000), l'editore al quale era approdato dopo gli esordi presso Feltrinelli. Si tratta di una sorta di tributo, che colloca Tondelli sullo scaffale dei "canonizzati", un po' più sbarazzino ed economicamente abbordabile dei Meridiani, ma non meno ponderoso quanto a pagine e materiali; nella giornata di studi del 16 dicembre, per la presentazione sono dunque convenuti a Correggio, in variopinta parata: il gruppo dei critici e studiosi (Fulvio Panzeri, esecutore testamentario degli scritti di Tondelli e curatore dell'opera; Antonio Spadaro, gesuita studioso della vena religiosa nella scrittura di Tondelli, e cultore di progetti di scrittura per giovani; Alberto Bertoni, docente universitario e coetaneo di Tondelli, in quella generazione così particolare che si formò nella Bologna degli anni Settanta); amici e scrittori (Romolo Bugaro e Alessandra Buschi, che attraverso la scrittura e i progetti di Tondelli si sono a loro volta scoperti scrittori; Guido Conti, conterraneo scrittore di storie padane e non, nonché frenetico ingegnere di scuole e manuali di scrittura; Claudio Piersanti, coetaneo ma non discepolo dello scrittore correggese).

Purtroppo, il piatto forte ha deluso. Nel confronto tra il mattino degli scrittori e il pomeriggio dei critici, quest'ultimo è naufragato negli sbadigli, e non soltanto perché i ricordi vivi, di conoscenza personale potevano incuriosire maggiormente, dipingendo Tondelli uomo oltre che scrittore. Gli scrittori hanno saputo farsi specchio, confrontando la propria poetica con quella dello scomparso, e restituirne un'immagine riccamente sfaccettata, attraverso la scrittura che dialogava con la scrittura. Quanto alla critica, sembra tuttora annaspare alla ricerca di una chiave di volta per "spiegare" un autore che anche da morto non sembra molto incline a farsi sezionare. Suggestivo e pregnante, ma non esaustivo, l'approccio di Spadaro, che ricerca in Tondelli (bollato di oscenità e blasfemia per l'esordio "Altri libertini"), un religiosità profonda e spirituale. Un poco stonato, invece, l'approccio del curatore a proposito del rapporto in Tondelli fra scrittura e musica: Panzeri è rimasto sul vago, discettando di gruppi musicali forse un po' estranei alla sua competenza di critico letterario (così e parso a chi l'ha sentito ripetutamente singolarizzare gli Smiths negli "Smith").

D'altronde, è forse giusto così: Tondelli non è mai stato un critico di mestiere, e con i suoi progetti riservati ai giovani ("Under 25") ha voluto soltanto dare consigli di buon artigianato agli esordienti nel mondo della scrittura. La stessa inquietudine e varietà dei suoi scritti (culminata in quel bestiario multiforme che è "Un week-end postmoderno") sembra concepita apposta per sfuggire alle successive definizioni che gli sono state successivamente cucite addosso: angry young man, contestatore provocatore trasgressore a seguito di Altri libertini; gaudente e farfallone dopo Pao Pao; scrittore di mestiere, venduto al successo commerciale, dopo Rimini; disperato e santo (complice Spadaro!) dopo il suo ultimo, Camere separate. Definizioni tutte plausibili, ma tutte insoddisfacenti. L'eredità di Tondelli non è negli studi o nei convegni, peraltro numerosi, nei quali tiene dietro a molti altri; passata l'emozione immediata della scomparsa, nove anni dopo il ricordo dello scrittore dura nel cuore dei suoi lettori, che continuano a deporre quantità di bigliettini, dediche, saluti, poesie sul francobollo di marmo (fa specie, per lui che era alto due metri!) che è il suo loculo nel cimitero di Canolo, a quattro pedalate dal paese natale. Il suo viatico è costituito da quei biglietti lasciati sulla tomba, dalle centinaia di pellegrini letterari che visitano ogni anno Correggio, incontrano i suoi luoghi e i suoi amici che regalano a chi lo cerca quel che di lui hanno condiviso; negli incontri fertili tra persone capaci di affrontare lo scrivere con il sacro rispetto dovuto a un altro essere umano, deponendo la presunzione di sezionarlo e inquadrarlo nel proprio egoistico pregiudizio, e rivivendo ogni volta il mistero di un individuo unico e irripetibile che si offre, nudo, nella scrittura.